Il rischio è quello di tornare indietro?
Quando riusciremo a superare questa nuova fase avremo di nuovo fame e sete di lavoro, relazioni,contatti,spazio,movimento. Le necessità sociali primarie terranno caldo e dinamico il nostro contesto glo-cale.
Non tutti troveranno la propria posizione di lavoro, non tutti la troveranno come prima, tutto questo si andrà ad aggiungere a chi il lavoro non ha mai smesso di cercarlo.
Quali soluzioni allora?
Chi governa i processi sarà in grado di accompagnare tutto questo verso una nuova evoluzione pro-positiva?
Abbiamo già visto tra la prima e la seconda ondata che se da una parte il lockdown sembrava ormai essere alle spalle, la tendenza era quella di vivere come e quasi se non ci fosse mai stato.
Le misure blande dell’estate 2020 hanno favorito questa percezione non scritta ma condivisa che fosse tutto passato: bisognava correre per recuperare il tempo perduto, ma il tempo è stato veramente recuperato ?
L’esigenza di riprendersi “la libertà sospesa“, di dover lavorare con una super velocità per recuperare economicamente il tempo perso, non ha dato tempo e modo di metabolizzare fino in fondo quanto accaduto.
La tentazione di dover accelerare sappiamo quale risultato ha portato.
Distanti e non curanti del senso di questo tempo siamo pronti più di prima a fare la stessa cosa, ma questa non può essere la soluzione.
Il rischio sarebbe proprio quello di tornare indietro.
Se da una parte è giusto fare di tutto purché non venga persa la propria posizione lavorativa, dall’altra dovrebbe essere logico proprio come misura sociale quella di calibrare i ritmi e accompagnare l’evoluzione con una graduata decompressione.
Il prendersi cura di se stessi, della propria salute,avere più tempo per la propria famiglia,per i propri cari, prendersi cura del vicinato,del quartiere,delle vecchie e nuove esigenze della propria città dovrebbero accompagnare a ritrovare il senso di quanto vissuto, senza risparmiare il proprio lavoro chiaramente, magari solo qualche ora, purché quell’ora di lavoro non manchi a nessuno, anzi sia un investimento moltiplicato purché si riesca a fuggire dalla frenesia del “tempo accelerato.”
La ricerca e la cura delle relazioni dovrebbero integrare la nuova fase economica che, pur augurandoci possa presto andare verso una via di ripresa, da sola non può e non potrà bastare per bilanciare e sollevare le sorti comuni durante e dopo la pandemia.
l’attenzione reciproca e la cura del benessere della persona e della comunità dovranno quindi essere gli ingredienti fondamentali per accompagnare il nuovo tempo che ci aspetta.
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