Il sentiero della libertà

In questi giorni avremmo ripercorso il Sentiero della Libertà, che rappresentava “la via di fuga di migliaia di prigionieri alleati e di giovani italiani che lottavano per la liberazione d’Italia, divisa dalla Linea Gustav dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, quando l’Abruzzo divenne terra di confine e angolo di speranza per i fuggiaschi che si schieravano con l’Esercito Alleato”. 

Quest’anno sarebbe stata la 20° edizione di questa straordinaria esperienza commemorativa che si snoda sui sentieri della Majella, la montagna madre che si erge nel cuore d’Abruzzo e che Ignazio Silone definì come “il Libano di noi Abruzzesi”. 

Oggi ci sarebbe stata la seconda tappa, quella più impegnativa, quella conduce al Guado di Coccia che assunse il ruolo di via maestra nell’attraversamento delle linee tedesche per ricongiungersi con l’esercito alleato e alla cui sommità si trova la lapide di Ettore De Corti, il tenente pilota ucciso dai tedeschi.

Ottant’anni dopo ci ritroviamo di nuovo prigionieri di un virus, subdolo, mutante e strisciante come quello nazifascista, si insinua con le sue paure e ha cambiato per sempre le nostre vite. 

Quelle del Freedom Trail sarebbero state tre giornate intense, come ogni anno si respira il profumo della libertà e quello delle nostre montagne, si respira il sacrificio che tante persone, giovani e meno giovani, hanno compiuto per preservare i valori della libertà, della dignità e della fratellanza umana.

I contadini divisero il “pane che non c’era” con persone che nemmeno conoscevano e con le quali avevano difficoltà a comunicare: “Accettarono il sacrificio, corsero i rischi, appunto perché così si aveva l’occasione di entrare nella storia umana su un piede di eguaglianza con gli altri uomini”.

Oggi siamo prigionieri delle nostre case, qualcuno parla di vera e propria guerra contro il Covid-19, qualcuno invece la pensa diversamente. 

L’unica certezza è che a guidarci dovrà essere l’ideale e l’esempio di RESISTENZA che ci ha permesso di essere liberi e in dovere di testimoniare quanto avvenuto.  

“Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita.” A. Gramsci.

Quando tutto questo sarà finito, o si sarà parzialmente ridotto, ricordiamoci, come disse don Tonino Bello, di passare dai crinali dell’ascolto e delle emozioni, sui crinali scoscesi della prassi, di impegnarci e di sporcarci le mani, di scendere sul campo e non stare alla finestra a guardare per essere noi stessi operatori di Pace!

  • : Sulmona (AQ)
  • : Introdacqua (AQ)
  • : 31
  • : disoccupato

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